Biografia

Verso il Futurismo

Era nato in un piccolo paesino abbarbicato in cima alla Val di Non in Trentino, all’epoca lontana provincia meridionale dell’Impero Austro-Ungarico, ma ancora giovanissimo, dopo un breve soggiorno a Merano, la famiglia si trasferì a Rovereto, cittadina situata nel Trentino meridionale, all’epoca a pochi Km dal confine con l’Italia. L’attività di Depero precedente all’adesione al Futurismo non è stata ancora studiata in modo adeguato, sebbene già alcuni contributi di grande interesse vadano doverosamente citati,  di cui sono autori, con brevi note, saggi, capitoli di opere monografiche, dapprima Luigi Lambertini (1), e poi Bruno Passamani (2).  I primi prodotti d’arte di Depero (i più antichi sino ad oggi conosciuti) risalgono al 1907 quando l’artista aveva quindici anni e frequentava il Terzo corso della Scuola Reale Elisabettina di Rovereto, una sorta di istituto superiore ad indirizzo di arti applicate, un genere allora molto diffuso in tutto l’Impero Austro-ungarico. In quel periodo vi si trovano riuniti un gruppo di giovani che in seguito diverranno quasi tutti dei protagonisti dell’arte italiana del ‘900: Tullio Garbari, pittore; Carlo Belli, teorico dell’astrattismo; Fausto Melotti, scultore; Luciano Baldessari, architetto; Adalberto Libera, architetto; Ettore Sottsass Senior, architetto; e appunto Fortunato Depero… solo per citare i più noti.

Era nato in un piccolo paesino abbarbicato in cima alla Val di Non in Trentino, all’epoca lontana provincia meridionale dell’Impero Austro-Ungarico, ma ancora giovanissimo, dopo un breve soggiorno a Merano, la famiglia si trasferì a Rovereto, cittadina situata nel Trentino meridionale, all’epoca a pochi Km dal confine con l’Italia. L’attività di Depero precedente all’adesione al Futurismo non è stata ancora studiata in modo adeguato, sebbene già alcuni contributi di grande interesse vadano doverosamente citati,  di cui sono autori, con brevi note, saggi, capitoli di opere monografiche, dapprima Luigi Lambertini (1), e poi Bruno Passamani (2).  I primi prodotti d’arte di Depero (i più antichi sino ad oggi conosciuti) risalgono al 1907 quando l’artista aveva quindici anni e frequentava il Terzo corso della Scuola Reale Elisabettina di Rovereto, una sorta di istituto superiore ad indirizzo di arti applicate, un genere allora molto diffuso in tutto l’Impero Austro-ungarico. In quel periodo vi si trovano riuniti un gruppo di giovani che in seguito diverranno quasi tutti dei protagonisti dell’arte italiana del ‘900: Tullio Garbari, pittore; Carlo Belli, teorico dell’astrattismo; Fausto Melotti, scultore; Luciano Baldessari, architetto; Adalberto Libera, architetto; Ettore Sottsass Senior, architetto; e appunto Fortunato Depero… solo per citare i più noti.

Un altro critico, Carlo Piovan, descriveva quei primi disegni come «degli schizzi veristici ad inchiostro di china con la tecnica scolastica dei segni leggeri più fitti e meno fitti» (3). Ben presto, comunque, sotto la guida di Luigi Comel, professore di disegno a mano libera, Depero si avvia anche all’uso dell’acquarello e del carboncino. Fondamentale è un breve soggiorno a Torino nel 1909, dove segue un corso di scultura ed incontra e conosce Canonica, tramite lo scultore roveretano Carlo Fait (lo zio di Carlo Belli) che lavora nello studio del torinese. Al suo ritorno a Rovereto, inizia un tirocinio durato oltre un anno che dal 1910 lo lega al marmista Scanagatta: sarà un’esperienza altamente formativa in quanto permetterà di scoprire la prorompente attitudine plastica del giovane Depero. Un altro elemento da considerare nell’ambito della sua formazione è, verso il 1913, il particolare clima culturale, di duplice valenza, cui è sottoposto. Da una parte c’è l’ormai evidente, e montante, adesione al Futurismo (4), dall’altra le forti influenze mitteleuropee dovute alla sua formazione, come pure alla situazione politica, del Trentino che allora era l’estrema periferia meridionale dell’Impero Austro-Ungarico.

Nel 1913 Depero pubblica il suo primo libro, Spezzature, una raccolta di componimenti poetici, di prose, di pensieri e di disegni: un coacervo di sensazioni e di allusioni tra Simbolismo e Futurismo con velati accenti di Cubismo, come ci conferma questo passo: «Ed or un frammento di me, del mio ritratto: blocco multi-facettato, più specchi che riflettono la mia faccia». In Spezzature vi è inoltre un aggrovigliarsi d’immagini ed assonanze decadentiste, irredentiste e fantastiche come pure una propensione ambientale, se non teatrale, verso la Natura. Non manca, poi, la componente Nietzschana, laddove Depero parla di «luci taglienti, ubriacanti riflessi d’oro, rossi scarlatti e gialli ottone» che è appunto fin troppo evidente accostare ad un’affermazione di Zarathustra: «Il giallo intenso e il rosso ardente, ecco ciò che vuole il mio gusto, il quale mescola il sangue con tutti i colori» (5).

Un altro critico, Carlo Piovan, descriveva quei primi disegni come «degli schizzi veristici ad inchiostro di china con la tecnica scolastica dei segni leggeri più fitti e meno fitti» (3). Ben presto, comunque, sotto la guida di Luigi Comel, professore di disegno a mano libera, Depero si avvia anche all’uso dell’acquarello e del carboncino. Fondamentale è un breve soggiorno a Torino nel 1909, dove segue un corso di scultura ed incontra e conosce Canonica, tramite lo scultore roveretano Carlo Fait (lo zio di Carlo Belli) che lavora nello studio del torinese. Al suo ritorno a Rovereto, inizia un tirocinio durato oltre un anno che dal 1910 lo lega al marmista Scanagatta: sarà un’esperienza altamente formativa in quanto permetterà di scoprire la prorompente attitudine plastica del giovane Depero. Un altro elemento da considerare nell’ambito della sua formazione è, verso il 1913, il particolare clima culturale, di duplice valenza, cui è sottoposto. Da una parte c’è l’ormai evidente, e montante, adesione al Futurismo (4), dall’altra le forti influenze mitteleuropee dovute alla sua formazione, come pure alla situazione politica, del Trentino che allora era l’estrema periferia meridionale dell’Impero Austro-Ungarico.

Nel 1913 Depero pubblica il suo primo libro, Spezzature, una raccolta di componimenti poetici, di prose, di pensieri e di disegni: un coacervo di sensazioni e di allusioni tra Simbolismo e Futurismo con velati accenti di Cubismo, come ci conferma questo passo: «Ed or un frammento di me, del mio ritratto: blocco multi-facettato, più specchi che riflettono la mia faccia». In Spezzature vi è inoltre un aggrovigliarsi d’immagini ed assonanze decadentiste, irredentiste e fantastiche come pure una propensione ambientale, se non teatrale, verso la Natura. Non manca, poi, la componente Nietzschana, laddove Depero parla di «luci taglienti, ubriacanti riflessi d’oro, rossi scarlatti e gialli ottone» che è appunto fin troppo evidente accostare ad un’affermazione di Zarathustra: «Il giallo intenso e il rosso ardente, ecco ciò che vuole il mio gusto, il quale mescola il sangue con tutti i colori» (5).

La sua pittura, o meglio la sua imagerie, nonostante questi avvicinamenti teorici al Futurismo rimane tuttavia ancora più vicina al gusto del grottesco, a certo moralismo dei capricci di Goya, a quello di Daumier, o di Alberto Martini. Stilisticamente, le opere pittoriche del periodo sono plasticamente scultoree, virili, e rimandano immediatamente a quelle di un Egger Lienz, un maestro dell’area alpina, piuttosto che a quelle dei futuristi.

Per la piccola città di Rovereto quelli sono anni cruciali. Nonostante la distanza da Vienna vi si respira infatti un clima mitteleuropeo, con influssi sia dall’Austria che dalla vicina Italia. Sono anche gli anni dei primi moti irredentisti, per l’annessione del Trentino all’Italia, e Cesare Battisti tiene già i suoi primi discorsi infiammando le folle. I giovani leggono avidamente le opere di Nietzsche e di D’Annunzio, e riviste come “Ver Sacrum”, “La Voce” e “Poesia”, mentre, in Italia, sta già deflagrando la rivolta futurista. E’ un clima estremamente stimolante per un giovane intellettuale, e comunque per un artista.

Nel 1913 Depero espone a Rovereto alla Libreria Giovannini (dove aveva tenuto altre due mostre nel 1911): disegni di realismo sociale e di simbolismo. Verso l’autunno avvia un intenso lavoro sul volume ed i suoi disegni grotteschi perdono via via quel tono verista, per assumere connotazioni geometrizzanti. I corpi sono sfaccettati e risolti in pure masse.

Sul finire dell’anno, a dicembre, si reca a Roma e visita la mostra di Boccioni alla Galleria futurista di Sprovieri rimanendone profondamente colpito e vi ritorna in continui “pellegrinaggi”. L’influenza di Boccioni è subito ravvisabile in un breve ma intenso ciclo di schizzi sul dinamismo dove è pure già verificabile il taglio quasi netto con la precedente produzione. Scomparsi i temi simbolisti o jugendstil l’artista si confronta con la materia pura, con gli oggetti, con i corpi, che sono analizzati e scomposti nei loro movimenti e nella loro struttura.

La sua pittura, o meglio la sua imagerie, nonostante questi avvicinamenti teorici al Futurismo rimane tuttavia ancora più vicina al gusto del grottesco, a certo moralismo dei capricci di Goya, a quello di Daumier, o di Alberto Martini. Stilisticamente, le opere pittoriche del periodo sono plasticamente scultoree, virili, e rimandano immediatamente a quelle di un Egger Lienz, un maestro dell’area alpina, piuttosto che a quelle dei futuristi.

Per la piccola città di Rovereto quelli sono anni cruciali. Nonostante la distanza da Vienna vi si respira infatti un clima mitteleuropeo, con influssi sia dall’Austria che dalla vicina Italia. Sono anche gli anni dei primi moti irredentisti, per l’annessione del Trentino all’Italia, e Cesare Battisti tiene già i suoi primi discorsi infiammando le folle. I giovani leggono avidamente le opere di Nietzsche e di D’Annunzio, e riviste come “Ver Sacrum”, “La Voce” e “Poesia”, mentre, in Italia, sta già deflagrando la rivolta futurista. E’ un clima estremamente stimolante per un giovane intellettuale, e comunque per un artista.

Nel 1913 Depero espone a Rovereto alla Libreria Giovannini (dove aveva tenuto altre due mostre nel 1911): disegni di realismo sociale e di simbolismo. Verso l’autunno avvia un intenso lavoro sul volume ed i suoi disegni grotteschi perdono via via quel tono verista, per assumere connotazioni geometrizzanti. I corpi sono sfaccettati e risolti in pure masse.

Sul finire dell’anno, a dicembre, si reca a Roma e visita la mostra di Boccioni alla Galleria futurista di Sprovieri rimanendone profondamente colpito e vi ritorna in continui “pellegrinaggi”. L’influenza di Boccioni è subito ravvisabile in un breve ma intenso ciclo di schizzi sul dinamismo dove è pure già verificabile il taglio quasi netto con la precedente produzione. Scomparsi i temi simbolisti o jugendstil l’artista si confronta con la materia pura, con gli oggetti, con i corpi, che sono analizzati e scomposti nei loro movimenti e nella loro struttura.

Tuttavia se in termini tematici il cambiamento è evidente da un punto di vista formale il passaggio è più graduale. Infatti questi primi lavori di transizione (come Ritmi di ballerina + clowns) sono stesi con una pittura densa, corposa, grassa, una pittura tipica dell’area alpina e comunque secondo modalità tipicamente austriache. Di lì a poco, però, sarà l’incontro con Balla che produrrà un ulteriore distacco: quello da Boccioni. Distacco già ravvisabile in Scomposizione di bambina in corsa, del 1914, dove il riferimento più immediato è appunto la Ragazza che corre sul balcone dipinto da Giacomo Balla nel 1912.

Tuttavia se in termini tematici il cambiamento è evidente da un punto di vista formale il passaggio è più graduale. Infatti questi primi lavori di transizione (come Ritmi di ballerina + clowns) sono stesi con una pittura densa, corposa, grassa, una pittura tipica dell’area alpina e comunque secondo modalità tipicamente austriache. Di lì a poco, però, sarà l’incontro con Balla che produrrà un ulteriore distacco: quello da Boccioni. Distacco già ravvisabile in Scomposizione di bambina in corsa, del 1914, dove il riferimento più immediato è appunto la Ragazza che corre sul balcone dipinto da Giacomo Balla nel 1912.

Note

  1. Luigi Lambertini, Appunti per un’indagíne sull’opera di Depero, in: «Il Cristallo», Bolzano, giugno 1969.
  2. Bruno Passamani, Preistoria di Depero, in: Fortunato Depero (monografia), Rovereto, 1981.
  3. Carlo Piovan, Depero, in: “Studi Trentini di Scienze Storiche”, anno XLII, n. 4, Trento, 1963:
  4. Depero risulta abbonato a “Lacerba” sin dai primi numeri.
  5. Passo citato da Maurizio Calvesi nell’analisi dei motivi originari del Futurismo in: L’Arte Moderna, vol.V, Il Futurismo, Milano, 1973.

Prossimo Capitolo

Astrattista Futurista

VAI